È uno sporco lavoro, ma se scavano gli altri risparmi tempo ed energie. Ti godi il ritrovamento, lo studi, lo fai conoscere. Negli Stati Uniti, a sguazzare nel fango sono due giornalisti e un ingegnere, Michael Morisy, Tom Nash e Mitchell Kotler. Tre anni fa hanno fondato muckrock.com. Il nome omaggia i pionieri muckrackers come Ida Minerva Tarbell e ispira il ritmo giusto ai cronisti contemporanei, almeno a quelli che vanno a caccia di dati e report delle amministrazioni pubbliche. “È noioso fare richieste di dati pubblici – ammette Michael Morisy – ma possono ripagare con storie interessanti”.
Dopo centinaia di estenuanti richieste ai più disparati uffici governativi, Morisy ha ideato lo strumento che rende automatico il lavoro. Giornalisti, attivisti, ricercatori e storici possono richiedere documenti a centinaia di enti ed agenzie contemporaneamente, semplicemente compilando un form su muckrock.com. C’è la possibilità di chiedere l’embargo delle informazioni eventualmente raccolte e i gestori del sito assicurano la riservatezza delle ‘indagini’ che loro stessi si occuperanno di portare a termine.
La leva del Freedom of Information Act, non ancora ottenuto in Italia, garantisce ampio accesso ai documenti della pubblica amministrazione. Nonostante questo, però, non tutte le 4.060 richieste finora compilate hanno portato i loro frutti: oltre 68mila pagine di documenti rilasciate. 235 istanze sono state rigettate e sull’home page del sito è possibile valutare i ritardi nella risposta da parte degli uffici ai vari livelli di governo. Il progetto muckrock.com è sostenuto dalla Sunlight Foundation.
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