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«L’acqua è una risorsa che va sfruttata»

BELLUNO. L’acqua è una risorsa da sfruttare. I comuni chiedono le centraline idroelettriche per dissetare i bilanci. Mario Manfreda, consigliere del consorzio Bim e sindaco di Lozzo di Cadore, calca l’accento su questa convinzione. Lo fa per aggiustare il tiro sull’opinione degli amministratori pubblici bellunesi, dopo che gli assessori provinciali Pison e Visalli nel rendere conto della prima riunione del tavolo “Acqua ed energia” hanno mostrato «una eccessiva impostazione a favore della tutela dell’ambiente».

«Non che a noi non stiano a cuore i corsi d’acqua», ha puntualizzato Manfreda nel corso di una conferenza stampa condotta a fianco dei colleghi di Belluno e Zoppè, Antonio Prade e Renzo Bortolot, «ma i sindaci ci hanno chiesto che la risorsa acqua sia un motore di sviluppo, un volano per l’economia di tutto il territorio. Chiediamo che il territorio stesso sia padrone della gestione delle risorse che ha».

Confronto vero. Manfreda ha rappresentato il consorzio Bim nel tavolo organizzato martedì scorso da Palazzo Piloni. La sensazione è che la Provincia, che lavora da tempo a una proposta per frenare la corsa al mini-hydro, volesse far valere la propria posizione. «Non accettiamo i tavoli a tesi», ha detto a proposito Prade, «se si crea un tavolo di concertazione, o meglio di confronto, vi devono partecipare tutti i possibili interessati. Ci vuole un approccio multisettoriale. La tesi deve arrivare alla fine, come frutto del confronto». Secondo il consorzio bisogna allargare gli inviti al tavolo. Non bastano, sostiene Manfreda, i dieci soggetti presenti martedì: Provincia, Comune di Belluno, Enel produzione, Consorzio Bim, Assindustria, Artigiani, Appia, Arpav e Genio Civile.

La voce dei sindaci. L’assemblea generale del consorzio un anno fa approvò all’unanimità una proposta di indirizzo sull’acqua. Manfreda ieri ha ricordato che i 67 sindaci affermarono con quel documento che «il bene acqua è una risorsa fondamentale del territorio bellunese» e che «rappresenta un’opportunità economica per il territorio e per gli enti locali, in particolare nell’ottica di un suo equilibrato e responsabile sfruttamento ai fini della produzione energetica». Un voto per il mimi-hydro, sostiene il consorzio, che già garantisce alle casse dei comuni bellunesi introiti per 6 milioni di euro l’anno a fronte della produzione di quasi 28 milioni di chilowattora annui.

Abbasso l’ambientalismo. «Non possiamo accettare posizioni demagogiche e rigidamente ambientaliste perché siamo convinti che l’interesse dei cittadini sia il punto di partenza di tutte le politiche pubbliche. La gente non ne può più di posizioni ideologiche». E’ la posizione del consorzio espressa da Manfreda per chiudere la porta a chi tenta di aggiungere vincoli allo sfruttamento dei corsi d’acqua montani. La tutela ambientale, rileva il sindaco e consigliere Bim, «è già garantita da una serie di filtri, imposti dalla normativa regionale, che regolano le concessioni idriche».

Mini e micro. Tra piccole e piccolissime derivazioni d’acqua il discrimine è la portata: 200 litri al secondo. Sopra c’è la valutazione d’impatto ambientale, sotto no. In entrambi i casi c’è una regola che, secondo Manfreda, è già un’ampia garanzia: «Il richiedente deve, unitamente alla domanda e al progetto, dimostrare di avere la disponibilità delle aree interessate dagli impianti da realizzare». Se vuoi mettere su una turbina devi avere il terreno. Subito. Clausola che può agevolare i comuni e frenare la gola dei privati.

Energia contro paesaggio. Le centraline producono entrate per le casse comunali. Tra le novità che la Provincia propone è che i proventi possano essere equamente distribuiti nel territorio, per non creare disparità tra i comuni ricchi di torrenti e quelli più a secco. Il consorzio Bim spinge perché lo sviluppo futuro sia garantito dalla risorsa acqua. Ma se i torrenti sono sfruttati e a tratti diventano rigagnoli come la mettiamo con la risorsa turismo? «Certo, ci sono situazioni che dal punto di vista paesaggistico richiedono attenzione», ammette Manfreda, «ma molti tratti di torrenti non sono nemmeno fruibili turisticamente eppoi c’è il minimo deflusso vitale che deve essere garantito». Già, ma da chi? «Dalla polizia provinciale».

Piovono progetti. In provincia ci sono 88 piccole derivazioni d’acqua per uso idroelettrico. Molte sono le richieste per nuove prese. Il Bim ha all’attivo 21 centraline tra acqua fluente e acquedotti e sta progettando altre 10 turbine per sfruttare la rete idrica. Tra i comuni che attendono fiduciosi la concessione regionale per mettere in funzione una centralina c’è Zoppè di Cadore, che vuole investire un milione e mezzo di euro per sfruttare il Rutorto. «I piccoli comuni hanno un grosso interesse verso l’idroeletrico», ha detto ieri Bortolot, «e proprio i comuni hanno sempre salvaguardato l’ambiente montano. Se oggi il territorio è integro è perché le popolazioni hanno saputo sfruttare i corsi d’acqua». In passato c’erano segherie e mulini, oggi le centraline. L’importante per Bortolot è che la risorsa quando c’è sia sfruttata. Prima vengono i cittadini, poi i turisti: «Non vogliamo passare per il parco giochi della pianura».

Questo articolo è stato pubblicato dal Corriere delle Alpi il 28 luglio 2007

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